DOJ contro Google: perché le soluzioni non soddisfano gli editori
La recente decisione del Dipartimento di Giustizia statunitense (DOJ) sul processo antitrust contro Google riguardante il suo motore di ricerca sta scuotendo il mondo dell’editoria e del marketing digitale. Attesa da mesi come un potenziale punto di svolta nelle dinamiche tra big tech ed editori, la sentenza si è invece rivelata una delusione per molti operatori del settore. Le cosiddette “behavioral remedies” proposte dal DOJ sembrano non incidere davvero sulle strategie di Google, lasciando il colosso statunitense libero di mantenere le sue pratiche e il pesante legame tra il motore di ricerca e gli esperimenti di Intelligenza Artificiale.
L’elemento più critico per gli editori è proprio l’integrazione avanzata di AI nelle ricerche Google, che sta riducendo sensibilmente il traffico di referral verso i siti di informazione. Invece che rappresentare una svolta o una protezione aggiuntiva verso i contenuti editoriali, la decisione del DOJ viene letta da diversi executive del settore come “una grande vittoria per Google”. Il rischio concreto è che, senza misure realmente efficaci, la posizione già dominante del motore di ricerca si rafforzi ulteriormente, diminuendo ancora il controllo dei publisher sulla distribuzione e monetizzazione dei contenuti.
Se da un lato alcuni responsabili media non escludono che la battaglia per una maggiore equità nei rapporti con i giganti tecnologici sia tutt’altro che conclusa, la sensazione prevalente è di insoddisfazione. Per il settore editoriale, serve una riflessione profonda sulla strategia di advocacy e sulle possibili alleanze per ottenere maggior tutela e strumenti adeguati. Mai come oggi, la posta in gioco riguarda l’indipendenza e la sostenibilità dell’informazione online.
Fonte: Digiday